LE ORIGINI
La località in cui sorge la chiesa di Gambarare si chiamava nel medioevo Balladello, Balledello o Balello, nome derivato dal latino «Vallatellum», che significa luogo rinforzato o alto. Nel secolo XII vi si innalzava una chiesa dipendente dal vescovo di Treviso e dedicata a San Giovanni, conosciuta nei documenti come chiesa di San Giovanni Battista di Baleello, di cui restano cenni in alcune carte del 1198.
Nel secolo XIII cadde in rovina e rimase per una quarantina d’anni in abbandono, finché il 7 giugno 1290 il benedettino Prando, abate del vicino monastero di Sant’Ilario, ne acquistò i ruderi dal vescovo di Treviso, Prosavio, facendosi riconoscere il privilegio di designarne il sacerdote rettore una volta che l’avesse ripristinata (diritto dì patronato). In questo modo si crearono le condizioni per il passaggio della chiesa sotto la giurisdizione del vescovo di Castello e, dal 1451, del patriarca di Venezia.
La chiesa venne riedificata dalle fondamenta e fu consacrata da Agostino, vescovo di Cittanova (Eraclea), il 20 giugno 1306. Verso la metà del secolo subì danni e forse fu ingrandita.
Nel 1489 fu visitata dal vescovo di Padova, Pietro Barozzi, il quale fece annotare che all’incirca era lunga m. 18,75, larga m. 12,5 e alta m. 9, che aveva quattro altari, un tetto di tavole di abete, un pavimento di mattoni e un intonaco chiaro su cui spiccavano alcuni .affreschi a corone e immagini di santi.
SEC. XVI e XVII
Fra la fine dei Quattrocento e l’inizio del Cinquecento la popolazione riuscì a sottrarre all’abate di Sant’Ilario-San Gregorio il diritto all’elezione del rettore o parroco, facendolo riconoscere a proprio favore dal papa Giulio Il (bolla dei 27 marzo 1508); in virtù di questo privilegio i capifamiglia cattolici di Gambarare potevano eleggere il loro parroco, votando i nominativi proposti dal patriarca.
Subito dopo (1509-1513) la chiesa fu danneggiata dalle truppe dell’imperatore Massimiliano d’Austria, ma passati gli invasori i suoi massari (gli amministratori della chiesa eletti dalla popolazione) si prodigarono per ripararla e abbellirla, tanto che nel 1604 apparve al patriarca Matteo Zane «fatta in assai bella forma». Aveva allora il fonte battesimale in un’apposita cappella, un bell’organo nuovo, cinque altari (maggiore, della Madonna del Rosario, di San Rocco, del Nome di Dio, di San Giovanni Battista), due campane ed era circondata dal cimitero.
Per i totali rifacimenti operati lungo i secoli, o, per ignoranza dell’atto compiuto trecento anni prima, il 25 ottobre 1620 la chiesa venne nuovamente consacrata dal patriarca. Giovanni Tiepolo. Una solenne azione di riconciliazione fu, poi, tenuta il 18 aprile 1719 dal patriarca Pietro Barbarigo, in seguito alla sospensione in cui la chiesa era incorsa a causa del sangue caduto a terra dal naso di un veneziano colpito da un pugno.
Nel corso del secolo XVII vennero eretti in chiesa altri due altari, dedicati uno a San Francesco di Assisi (prima del 1639) e l’altro a Sant’Antonio (prima del 1683), e fu posto in opera il grande pulpito marmoreo.
ULTIMI TRE SECOLI
Nel 1712 il pievano Marchiori fece ricostruire in forme barocche l’altare maggiore e nel corso del secolo furono rifatti anche gli altri altari. La chiesa fu abbellita pure con dipinti e tele; di queste ne restano due (del 1707 e del 1745), commissionate come ex voto per ringraziare la Madonna del suo divino intervento a favore della popolazione.
Nei primi decenni dell’Ottocento mutarono i santi titolari di alcuni altari, che nel 1836 erano dedicati: alla Madonna del Rosario, alla Madonna della Salute, a Sant’Antonio, a San Francesco d’Assisi, alla Madonna Addolorata e a San Giovanni Battista.
All’approssimarsi del sesto centenario della consacrazione della chiesa di Baleello (1306-1906) vi furono eseguiti grandi lavori, continuati fino al 1911 per solennizzare il riconoscimento accordatole dal papa Pio X del titolo di arcipretale (nel 1907). La chiesa fu allungata verso oriente di quasi sette metri; il coro e l’abside, abbattuti, furono ricostruiti più ampi; gli altari furono spostati e collocati simmetricamente; le due porte laterali furono chiuse e ne venne riaperta solamente una a meridione e spostata a est; la sagrestia fu abbattuta e ricostruita a settentrione; il battistero fu abbattuto e al suo posto venne eretta un’ampia cappella dedicata al Sacro Cuore di Gesù; il soffitto fu ricoperto con una decorazione a cassettoni e con tre pale di 0. Tessari che nascosero alcuni affreschi del Settecento.
Ulteriori lavori di rammodernamento e abbellimento furono eseguiti nel 1950-1951, per festeggiare il cinquantennio di sacerdozio del parroco, mons. Giovanni Rizzetto, mentre nel 1969-70 la Soprintendenza alle belle arti riportò alla luce i tre dipinti settecenteschi del soffitto.
Gli ultimi interventi sono stati: installazione dell’impianto di riscaldamento (1970-71), sostituzione dei vecchi banchi con altri più funzionali (1973), intonacazione dei muri esterni e posa in opera di un lastricato attorno alle pareti meridionale e orientale (197677), sistemazione del pavimento e tinteggiatura delle pareti (1980).
GUIDA
Esterno. – La chiesa si presenta con un’impronta di stile romanico-lombardo, col caratteristico protiro, le pareti suddivise da lesene e arcatelle, il rosone (chiuso per l’installazione dell’organo), la perlinatura del cornicione. La costruzione, tutta in cotto, misura in lunghezza complessivamente m. 50.
Il protiro si alza su quattro pilastri (di cui due addossati alla facciata) collegati da quattro ampi archi, sui quali poggia una cupola emisferica. Delimita uno spazio quadrato di circa m. 3,50 dì lato, cui si accede dal piano stradale mediante una gradinata di due gradini. Il secondo gradino della sezione settentrionale è costituito quasi interamente di marmi di recupero: vi si contano sette lapidi funerarie, di cui due ancora ben leggibili. Una lapide completa anche il primo gradino, e altre quattro se ne contano sul ripiano del secondo gradino della sezione centrale. Quattro marmi provenienti probabilmente da tombe si trovano pure sul ripiano del protiro. Sulla fronte del protiro si legge la dedicazione: D.O.M./Divo Joanni Baptistae / dicatum, e sopra l’architrave della porta vi è la scritta: Consecratum / 1306.
A destra della facciata è stata di recente murata una lapide a ricordo della nascita a Gambarare di mons. Luigi Cerutti (nato il 16 marzo 1865).
A sinistra prospetta la facciata della cappella del Sacro Cuore, costruita addossata alla parte settentrionale della chiesa all’inizio di questo secolo. Fra le due finestre si nota una croce a rilievo e sotto il timpano si legge l’iscrizione: Jesu Redemptorì saec. XX ineunte.
Interno. – E’ occupato da un’unica ampia aula larga m. 13,50, alta m. 11 e lunga m. 32,50 fino ai gradini del coro e m. 43,50 fino all’abside. La suddivisione interna in archi e lesene è recente (1906-1911). L’antico centro della chiesa è segnato da una pietra rossa, con quattro borchie e il monogramma di Cristo; sotto vi sono raccolte le ossa dì defunti dei secoli scorsi.
Sopra la porta principale è collocato l’organo, la cui costruzione è attribuita ai Callido (sec. XVIII). Vi si accede per una scala a chiocciola in ghisa, fusa nel 1894.
Procedendo a sinistra si incontrano: una statua in gesso dì Sant’Antonio, su basamento ligneo, e l’entrata alla cappella del Sacro Cuore. Nella cappella si trovano l’antico fonte battesimale in marmo rosso di Verona (sec. XVI), circondato da balaustrata di marmo, e l’altare con una statua in gesso dei Sacro Cuore. Alle pareti sono elencati i soldati del paese morti nel primo conflitto mondiale; una scritta sulla parete settentrionale ricorda che fu affrescata nel 1918 per onorare i caduti in guerra. Sulla parete meridionale si nota un angelo con un festone di fiori.
Rientrati in chiesa, si osservi sopra la porta della cappella la lapide posta nel 1858 al sacerdote Salvatore de Gasperi dai nipoti reduci dall’America.
Segue l’altare di San Giuseppe, sul quale viene venerata una statua in gesso del santo. Fu eretto contemporaneamente agli altari di San Giovanni Battista e dell’Addolorata (seconda metà del sec. XVIII).
Sul pavimento, a 80 cm. dall’angolo orientale del primo scalino dell’altare, una semplice scritta ricorda che lì è sepolto don Giovanni Marchiori, pievano dal 1707 al 1757. In esatta corrispondenza dall’altra parte della chiesa, ai piedi dell’altare della Madonna Addolorata, una eguale scritta ricorda il luogo di sepoltura del pievano Giuseppe Manetti (1771-1807).
Alla metà esatta della chiesa si libra aereo il grande pulpito marmoreo del Seicento. Ai lati due lapidi ricordano i lavori di ampliamento effettuati per l’anniversario del 1906 (a sinistra) e la solenne inaugurazione del tempio avvenuta il 30 luglio 1911 (a destra). Seguono la porta di entrata al campanile e l’altare di Sant’Antonio.
Il ricco altare, con quattro colonne tortili, alto fastigio e marmi intarsiati, fu costruito verso il 1750 dal signor Antonio Gidoni per i Santi Rocco e Francesco di Paola: di quest’ultimo santo si legge ancora il motto nella parte superiore (Charitas). Dopo lo spostamento degli altari all’inizio del secolo, vi fu posta una statua in gesso di Sant’Antonio, sostituita vent’anni fa con una pregevole pala, opera del compaesano C.B. Tiozzo, che rappresenta Gesù Bambino che appare a Sant’Antonio.
Subito oltre si apre la porta della sagrestia. Dopo aver osservato i grandi armadi (del 1600) per gli arredi ei paramenti sacri, si notino: il lavabo in pietra viva collocato sulla parete orientale; il dipinto Deposizione di Gesù, attribuito a Palma il Giovane, restaurato di recente; il piccolo dipinto su vetro S. Vincenzo Ferreri, di ignoto; un altare, innalzato fra due confessionali per gli uomini, con sopra una splendida statua lignea del 1600 di San Pietro.
Rientrati in chiesa, si vedano le due lapidi affisse sopra la porta della sagrestia: una è dedicata all’avv. Federico Garofoli, che morendo lasciò eredi dei suoi beni a Gambarare i poveri del paese; l’altra è stata posta per ricordare i lavori compiuti per il cinquantesimo anniversario di sacerdozio di mons. Rizzetto. Subito a destra è la campana con cui si annuncia l’inizio delle celebrazioni liturgiche.
Si entra quindi nella parte più recente del tempio. In una cappella delimitata da piccola balaustrata è collocato l’altare della Madonna del Rosario, su cui si venera una statua della Madonna con vestito di stoffa: di questa statua si hanno notizie fin dal 1600. Il pregevole altare fu costruito nella seconda metà del 1700. Sulla parete del pilastro che delimita la cappella dal coro due lapidi ricordano che l’altare è privilegiato il lunedì e che fu fatto da Antonio Gidoni. Sulla parete settentrionale è collocato uno dei dipinti del Tessari strappati di recente dal soffitto; un altro è stato collocato sulla parete meridionale della cappella di San Giovanni Battista. Ambedue questi dipinti rappresentano angeli in volo.
Preceduto da una balaustrata del 1846-49 si apre, poi, l’altare maggiore. Due grandi lampade con i simboli della scuola del Santissimo, pendono dall’alto, quasi a contorno dell’altare mobile che è stato eretto nel coro per le esigenze liturgiche attuali. Sui pilastri vi sono due nicchie marmoree, con portelle in ottone sbalzato, per la conservazione degli oli santi e delle reliquie. Sotto l’altare moderno una piccola pietra segna il luogo in cui sono raccolte le ossa di sacerdoti morti in passato in parrocchia.
In alto, sulla parete settentrionale, si mostra un grande quadro, attribuito a Nicolò Bambini, dipinto nel 1707 come ex voto alla Madonna. Vi si notano il pievano Marchiori e i massari del tempo in piedi, mentre San Giovanni Battista sopra le loro teste invoca l’intercessione della Madonna.
Dell’altare maggiore, ricostruito nelle forme attuali nel 1712, sono da osservare i putti della parte inferiore (attribuiti al Sansovino), i bellissimi intarsi di marmo (in particolare i vasi di fiori alla base delle colonne laterali), la porta del tabernacolo e la figura di Dio Padre benedicente scolpita nel pesante ciborio, le colonne e gli angeli dell’aereo fastigio. slanciato verso l’alto, il baldacchino dorato con l’agnello fra due angeli.
Sul catino dell’abside è stata collocata la bella pala che una volta si trovava sull’altare. Dipinta nel 1598 da Andrea Micheli, detto il Vicentino, la tela misura m. 3,40 x 1,90 e rappresenta le Virtù teologali (Fede, con croce e con un calice nella destra; Speranza, con lo sguardo rivolto al cielo; Carità, in atto di soccorrere due bambini) con Dio Padre, lo Spirito Santo (sotto forma di colomba) e angeli. Una descrizione della chiesa del 1639 segnala che allora si trovava già su questo altare. Di fianco all’altare mobile, in- fine, è una croce astile del Settecento.
Segue l’altare di San Giovanni Battista, costruito verso il 1760, su cui è la bella pala fatta dipingere nel 1580 da Giacomo Lauro e compagni. Vi si vede Gesù immerso nel Giordano che riceve il battesimo da S. Giovanni, mentre in cielo appare lo Spirito Santo sotto forma di colomba; più sopra vi è Dio Padre in atto di benedire, e nell’angolo sinistro due angeli sono pronti per asciugare Gesù. Si osservino i particolari dello sfondo del quadro.
Procedendo si incontra il bell’altare barocco della Madonna della Salute, con quattro colonne tortili, alto fastigio e marmi intarsiati e lavorati. Fu costruito nel 1771 a onore del Santo Nome di Gesù (nel fastigio si vede ancora il tondo con il monogramma IHS), ma vi fu poi collocata la paletta dipinta nel 1745 per ringraziare la Madonna del suo intervento contro una pestilenza bovina. Vi si vedono la Madonna con Gesù Bambino e i santi Domenico, Gaetano e Francesco di Paola. Ai loro piedi stanno un bue e un contadino (San Bovo?) che giunge le mani in atto di preghiera. Il dipinto è attribuito a Giuseppe Angeli o anche a Francesco Cappella.
Più avanti, di poco spostata dalla porta centrale meridionale, si trova una bella pila cinquecentesca per l’acqua santa, mentre sopra la porta è infissa una lapide del 1707 con la trascrizione in volgare della bolla con cui papa Giulio il ha concesso ai parrocchiani il diritto di patronato.
Segue l’altare della Madonna Addolorata, costruito nel 1770, in cui si venera una statua lignea della Madonna dei 1700; poco discosto è esposto il meccanismo dell’antico orologio. Infine, più in là, sul pavimento sotto la cantoria, si trovano altre due lapidi.
Le pareti della chiesa sono abbellite da sei affreschi, dipinti nel 1950-51 da C.B. Tiozzo. Partendo da quello soprastante il pulpito marmoreo essi sono: Cristo in croce, fra due angeli turiferari; la Annunciazione; la Deposizione di Gesù dalla croce; la Resurrezione; la Natività; l’Assunzione di Maria.
Sul soffitto. recuperate le tele dipinte nel 1906-11 dal Tessari (il dipinto maggiore, che era sistemato nella grande cornice al centro e che rappresenta Cristo in gloria, è però tenuto ancora avvolto su se stesso nella cappella del Sacro Cuore), sono riemersi tre affreschi del 1700. Quello centrale esalta In gloria di Cristo, e quello verso l’altare maggiore illustra una scena dell’Apocalisse di San Giovanni: la caduta dell’intonaco ha reso non comprensibile la scena del terzo dipinto.
Un cenno. infine, al campanile, sul quale si hanno notizie fin dalla metà del Millequattrocento.
Di limpido stile romanico con lesene e due cornici, si erge su un robusto basamento. Ha due celle campanarie (la prima delle quali è quadrata e la seconda di forma ottagonale) con quattro campane, tre delle quali rifuse nel 1865 e una (la mediana) nel 1930. Sul culmine del campanile una bianca statua di Gesù benedice il paese. Sul lato meridionale si notano i segni dell’antico orologio (citato già in documenti del XVII secolo) e sopra la porta esterna (murata) due lapidi ricordano che nel 1621 fu colpito da un fulmine e che nel, 1702 fu restaurato dalla popolazione; sul lato settentrionale è stato murato un fregio bizantino. All’interno è conservata la lapide che ricorda i lavori al pavimento della chiesa eseguiti nel 1818.
Gambarare, Natale 1980
MARIO POPPI